Molti Comuni voglio capire come gestire le sedute di giunta e consiglio adesso che è terminata l'emergenza. L'Anci ha perciò predisposto una nota con le indicazioni principali che parte dalla facoltà delle amministrazioni comunali di approvare regolamenti.
1. Potestà regolamentare in materia di organizzazione e funzionamento degli organi collegiali
Secondo quanto disposto dagli articoli 6, 7 e 38 del TUEL, gli enti locali hanno la potestà regolamentare di disciplinare il funzionamento delle sedute delle giunte comunali e dei consigli comunali e metropolitani.
In particolare, l’articolo 6 del Tuel statuisce che “Lo statuto stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell’ente (…) e i criteri generali in materia di organizzazione dell'ente”; l’articolo 7 stabilisce che “il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare (…) per il funzionamento degli organi …”; l’art. 38 del TUEL, al comma 2, sancisce che: «Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. (…)” e al comma 3 che “I consigli sono dotati di autonomia funzionale ed organizzativa (…)”.
Alla luce di tale potestà regolamentare, dunque, va evidenziato che alcune amministrazioni locali hanno adottato, ancor prima dell’entrata in vigore dell’articolo 73 del DL n. 18/2020 di cui si dirà in seguito, norme statutarie o regolamentari per consentire a tutti o solo ad una parte dei componenti dei propri organi, di partecipare alle sedute in modalità telematica.
Ciò peraltro è stato possibile anche in base alle disposizioni del Codice dell'amministrazione digitale (CAD) che prevedono che le pubbliche amministrazioni, “nell'organizzare autonomamente la propria attività, utilizzano le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione. Inoltre, gli enti utilizzano, nei rapporti interni, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione”.
Le modalità disciplinate dalla normativa emergenziale, di svolgimento da remoto o in modalità mista delle sedute degli organi collegiali, quindi, si inserivano a pieno titolo in un percorso di digitalizzazione già avviato dagli enti locali, limitandosi a confermare tale facoltà e consentendo, in via eccezionale, come si dirà nel successivo paragrafo, di poter procedere con tali modalità “anche in assenza di apposito regolamento”.
2. L’articolo 73 del dl n. 18/2020 e la disciplina emergenziale
Come accennato, in piena fase emergenziale, l’articolo 73 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 (c.d. Cura Italia), stabiliva che “al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza, i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali, che non hanno regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono comunque riunirsi secondo tali modalità”.
La ratio legis dell’articolo 73, dunque, era quella di consentire, in fase pandemica e per motivi legati ovviamente alla sicurezza e alle prevenzione sanitaria della diffusione del virus Covid-19, anche in assenza di una specifica previsione regolamentare, la possibilità di svolgere le sedute degli organi collegiali in modalità da remoto o mista.
In tal senso, la relazione illustrativa della norma precisava che le modalità procedimentali introdotte “ricalcano peraltro un modello già adottato da numerosi regolamenti comunali”.
L’articolo 73, dunque, introduceva una deroga (svolgere le sedute da remoto o in modalità mista pur in assenza di un regolamento) ad una modalità di svolgimento delle sedute degli organi, quella telematica, già utilizzata dagli enti locali. Dunque, la norma aveva carattere di temporalità solo ed esclusivamente per l’aspetto relativo alla deroga appena descritta.
Il precipitato logico giuridico di quanto appena esposto è che nessun termine poteva e può, viceversa, ritenersi sussistente in merito alla potestà regolamentare degli enti locali di disciplinare, in via ordinaria, tali modalità di funzionamento dei propri organi in quanto tale facoltà poteva essere esercitata prima, durante e dopo la fase emergenziale, in ossequio alle norme ordinamentali surrichiamate del Decreto legislativo n. 267/2000 e ss.mm.ii.
Dunque, tutti i regolamenti adottati dagli enti locali prima e durante lo stato emergenziale, per disciplinare lo svolgimento delle sedute dei propri organi da remoto o in modalità mista, continuano ad essere efficaci anche successivamente al termine di cessazione dello stato emergenziale (31 marzo u.s.). Ovviamente, stesso ragionamento vale per gli enti che, dopo il 31 marzo, vorranno dotarsi di tale strumento regolamentare della materia “de qua”.
Unica fattispecie che residua e su cui invece si ritiene sussistano forti dubbi interpretativi circa la sua praticabilità giuridica è quella relativa all’ente locale che, non avendo ancora adottato alcun regolamento, voglia proseguire con le modalità di svolgimento delle sedute degli organi collegiali in modalità mista o solo da remoto, anche successivamente alla data di cessazione dell’emergenza e cioè dopo il 31 marzo u.s.
Su tale ultimo punto, alla luce dei dati epidemiologici che impongono ancora misure di sicurezza e di prevenzione della diffusione del virus Covid -19, l’ANCI ha chiesto al Ministero dell’Interno di fornire una soluzione, anche in via amministrativa, idonea ad individuare una fase transitoria che consenta di procedere a sedute di consigli e giunte comunali da remoto o in modalità mista, nelle more di adozione di un regolamento specifico della materia.