Quella dei profughi, si sa, è un’emergenza assoluta, di cui una delegazione Anci ha discusso con il ministro degli interni Angelino Alfano il 5 marzo. Su come affrontarla si era comunque riunita più volte Anciveneto, che ha formulato in sette punti le proprie proposte.
Eccole qui di seguito:
1) Monitoraggio sulle accoglienze in capo ai comuni, anche se le competenze sono divise tra Prefettura e cooperative.
2) Nel caso gli stabili utilizzati per l’accoglienza siano pubblici sono necessarie garanzie su: a) durata accoglienze; b) oneri dei lavori; c) possibilità di ospitare in contemporanea altri soggetti svantaggiati, come da proposta di Anciveneto con alcuni comuni; d) condizioni precise inserite nei contratti di comodato.
3) Come da circolare del ministero 20 febbraio, verifica dell’ospitalità ai diniegati (vale a dire coloro che non risultano avere le caratteristiche di rifugiati): si prevede la continuazione dell’ospitalità per questo tipo di persone? Nel caso non si continui, occorrono tempi certi di uscita (validi per tutti e non discrezionali) per le persone a cui è stato riconosciuto lo status di diniegati.
4) Finita la fase di emergenza, quale destino avranno le persone accolte? Debbono necessariamente lasciare i luoghi di accoglienza senza la garanzia di una abitazione e senza la garanzia di un lavoro (se non per casi eccezionali)? Serve chiarezza e ciò deve essere gestito da un soggetto terzo, è chiaro che la gestione non può essere a carico dei Comuni.
5) Indicazioni generali sull’emergenza. Appare evidente che gli sbarchi continueranno e addirittura si intensificheranno, date le situazioni di Siria e Libia. Ciò costringe a pensare prospettive diverse dall’accoglienza attuale. Per questo servono: 1) un decreto di emergenza con protezione umanitaria temporanea di 6 mesi; 2) corridoi umanitari e possibilità di fare domanda di asilo nelle nostra ambasciate a Tunisi, Il Cairo, Rabat. L’attuale organizzazione nel territorio non reggerebbe altre accoglienze.
6) Reale ed efficace attivazione delle commissioni di valutazione degli status in Veneto con un preciso programma accelerato di convocazioni, per sanare gli otto mesi di sospensione.
7) Verifica degli accordi contenuti nel protocollo del 10 luglio 2014, precisando quanto è stato fatto e quanto no. In particolare da sottolineare il ruolo delle Regioni, la mancanza degli hub regionali, i ritardi nell’avvio delle Commissioni aggiuntive per la valutazione degli status.
«La situazione – spiega Pavanello – è prossima al collasso. La nostra Regione, le nostre comunità non sono in grado di trovare altri 1.500 posti, così come chiedono il ministro e le prefetture. È stato già difficilissimo arrivare ad accogliere 2.200 persone. Quasi tutti i comuni hanno ormai a disposizione per l’accoglienza solo immobili inagibili, che richiedono investimenti consistenti per l’utilizzo. Inoltre, numerosissime sono le emergenze abitative che riguardano la cittadinanza. Non vanno infine sottovalutate le sempre più frequenti manifestazioni spontanee di cittadini che, nei luoghi previsti per le nuove accoglienze, esprimono forte contrarietà all’arrivo dei rifugiati».