ANCIVENETO E I PRESIDENTI DELLE UNIONI DEI COMUNI DEL VENETO PREMESSO CHE v L’intero sistema normativo, anche il più recente, riconosce ed incentiva la costituzione ed il sostegno all’ente locale Unione ( D. Lgs 267/00; Legge 5 giugno 2003 n.13; le finanziarie degli ultimi esercizi; il DPR 318/2000 come modificato dal Decreto del 01.10.2004 n. 289; D.M.I. 04.09.2003; la recente normativa contrattuale in materia di lavoro negli EE.LL.), definendola come la strada migliore per i Comuni di piccole e medie dimensioni, per creare economicità nei servizi ed operare per lo sviluppo del territorio. v Le esperienze finora attivate ( in Italia le Unioni sono 255 e hanno coinvolto 1.100 Comuni), portano ad affermare che la strada intrapresa è quella giusta, dal momento che l’Unione è tra le forme associative la più idonea a dimostrare che davvero è possibile lavorare assieme per produrre vere economie di spesa, una migliore qualità ed efficienza dei servizi ed in particolare concorrere per la competitività del territorio. v Per questo è necessario sostenere le Unioni caratterizzate da concretezza operativa; v Per questo è necessaria la certezza dei trasferimenti; v Per questo è inaccettabile una riduzione del 50% dei trasferimenti nel 2004 e nel 2005 rispetto al 2003; RILEVATO CHE I Comuni che in questi 3-4 anni si sono assunti la responsabilità di questa sfida appartengono per la maggior parte alle Regioni del Nord: dal Piemonte alla Lombardia, al Veneto e che se questa decisione venisse confermata porterebbe alle Unioni, oltre al danno la beffa: 1) privare le Unioni di adeguate risorse significherebbe ancora una volta penalizzare il nord, comprimendo iniziative che dimostrano un sicuro positivo significato anche per una corretta politica di finanza generale 2) non aiuterebbe le nostre aree, che hanno la necessità di rimanere competitive, ad affrontare le nuove sfide dell’internazionalizzazione e delocalizzazione dei mercati. DATO ATTO CHE Le risorse finanziarie nei Comuni di queste Regioni provengono ormai per l’90%-95% ( sotto forma di ICI, IRPEF, tariffe sui servizi), direttamente dai cittadini e dalle imprese che hanno deciso di vivere, lavorare, transitare in questi territori e che in alcuni di questi Comuni lo Stato non contribuisce già più con alcuna risorsa; CONSIDERATO E RAPPRESENTATO CHE Per lo Stato, non investire nel “progetto Unioni”, significherebbe fare cessare l’ esperienza pionieristica di ricerca di un modello di sviluppo territoriale per un area dove è di vitale importanza raggiungere i livelli competitivi già in essere presso altre realtà istituzionali territoriali europee, concorrendo quindi alla competizione con gli altri mercati esteri; CHIEDONO Al Signor Presidente del Consiglio dei Ministri Al Signor Ministro degli Interni Al Signor Ministro dell’Economia 1. Di considerare la gravissima ricaduta che la scelta di dimezzare nella Legge Finanziaria 2004/2005 lo stanziamento per le Unioni dei Comuni produrrà per quelle realtà che hanno già investito in questi anni in progetti, organizzazione e personale, con positive e certificate iniziative, su questa forma associativa; 2. Di ripristinare nella Finanziaria 2005 i contributi alle Unioni di Comuni nella stessa quota assegnata nel 2003 recuperando la quota della riduzione del 50% effettuata nel 2004 e comunicata il 23 dicembre 2004. 3. Di escludere tutte le Unioni dal Patto di Stabilità in quanto inapplicabile per i nostri Enti ed unitile alla manovra generale. 4. Di impegnare il Ministero a comunicare l’importo dei trasferimenti erariali all’inizio dell’esercizio finanziario di competenza e non il 23 dicembre, ad esercizio concluso, con gravi danni alle finanze degli Enti. 5. Copia del presente ordine del giorno viene inviato per conoscenza al Signor Presidente dell’Anci Nazionale, ai Parlamentari del Veneto e al Signor Presidente della Giunta Regionale del Veneto, per le necessarie azioni che riterranno opportune. Rubano, 30 dicembre 2004